La Suprema Corte di Cassazione – con la sentenza, n°2394/20 del 10 settembre 2019, depositata in cancelleria il 3 febbraio 2020 – ha recentemente chiarito, attraverso una ricostruzione ermeneutica e letterale dell’art. 168 bis c.p.c., le conseguenze del differimento dell’udienza di comparizione sul termine di costituzione del convenuto, con particolare riferimento all’ipotesi eccezionale in cui il decreto di differimento ex art. 168 bis, co. 5, c.p.c. sia intervenuto dopo lo scadere del termine di costituzione di cui all’art. 166 c.p.c.
Come noto l’art. 168 bis c.p.c. prevede al comma 4, il differimento dell’udienza di comparizione alla prima udienza immediatamente successiva tenuta dal giudice designato, nell’evenienza in cui “…nel giorno fissato per la comparizione il giudice istruttore designato non tiene udienza…”.A differenza della previsione di cui al successivo comma 5, il predetto differimento:
- non viene comunicato dalla cancelleria alle parti costituite;
- non comporta alcuna conseguenza sul termine di costituzione del convenuto.
Il caso
La Suprema Corte, nel caso in esame, si è pronunciata sulle conseguenze del differimento d’udienza ex art. 168 bis, co. 5, emesso successivamente allo scadere dei termini di costituzione di cui all’art. 166 c.p.c., in una singolare vicenda in cui il ricorrente aveva eccepito l’estinzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, a seguito dell’omessa riassunzione del giudizio conseguente alla sua asserita interruzione, dipendente dalla cancellazione del difensore dall’albo costituito nella fase monitoria, ancorchè intervenuta successivamente alla notificazione dell’atto introduttivo.
I chiarimenti e il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte
A tal fine, gli Ermellini offrono preliminarmente i seguenti condivisibili chiarimenti:
- il differimento del termine di costituzione del convenuto di cui all’art. 166 c.p.c. avviene unicamente in caso di differimento di udienza disciplinato dal comma 5° dell’art. 168 bis c.p.c., e non anche nella diversa ipotesi disciplinata dal comma 4° del predetto articolo;
- la ratio della predetta previsione risiede da un lato nell’innecessarietà di costringere il convenuto a costituirsi “…in una data che potrebbe essere anche molto anteriore a quella in cui si terrà effettivamente l’udienza di prima comparizione” e, dall’altro, di riservare al G.I. “…la facoltà di indicarne una diversa da quella fissata dall’attore allo scopo di consentire una più efficiente organizzazione dei ruoli di udienza e per rispondere all’esigenza fondamentale di porre il giudice in condizione di conoscere l’effettivo thema decidendum fin dal momento iniziale della trattazione della causa…”;
- il differimento di udienza previsto dal 5° comma dell’art.168 bis c.p.c. dovrebbe essere emesso entro 5 giorni dalla presentazione del fascicolo e dovrebbe disporre un rinvio non superiore al 45 giorni;
- i predetti termini, tuttavia, hanno natura ordinatoria e non perentoria, di talché quandanche il decreto di differimento sia stato emesso dopo il termine di 5 giorni e/o preveda una dilazione superiore ai predetti 45 giorni, lo stesso conserva “…l’effetto di fissare di fatto la prima udienza di comparizione alla nuova data indicata dal giudice”;
- nell’ipotesi eccezionale in cui il decreto di differimento sia emesso successivamente allo scadere dei termini per la costituzione del convenuto di cui all’art. 166 c.p.c., tuttavia, questo non determina alcuna rimessione in termini rispetto alle eventuali già maturate decadenze di cui agli artt. 166 e 167 c.p.c. poiché, in caso contrario, determinerebbe un’illegittima alterazione della posizione di parità delle parti nel processo, ponendosi manifestamente in contrasto con importanti valori costituzionali, quali quelli enunciati dagli articoli 3, 24 e 111, comma 2°, della Costituzione.
Alla luce dei predetti chiarimenti la Suprema Corte ha enunciato il seguente condivisibile principio di diritto: “nel caso in cui il differimento della prima udienza di comparizione da parte del giudice istruttore, ai sensi dell’art. 168 bis c.p.c., comma 5, intervenga dopo che sia già scaduto il termine di cui all’art. 166 c.p.c., per la costituzione del convenuto, il differimento stesso non determina la rimessione in termini del convenuto ai fini della sua tempestiva costituzione e, di conseguenza, restano ferme le decadenze già maturate a suo carico, ai sensi dell’art. 167 c.p.c.”.
Sulla base del predetto principio, la Suprema Corte esclude pertanto, nel caso di specie, “…che si sia determinata l’interruzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in primo grado”.